Se vuoi essere felice, non meditare

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Molti ti diranno che la meditazione è la chiave per la felicità: un modo per raggiungere calma, serenità e un equilibrio di vita. Ma forse non tutti sanno che la meditazione può portare a una forma di felicità ben diversa da quella che ci aspettiamo. A volte sembra persino allontanarci dall’idea tradizionale di felicità.

La felicità che evitiamo

La meditazione non offre una fuga dai problemi quotidiani, né un sollievo istantaneo dallo stress. Al contrario, ci costringe a confrontarci con noi stessi, con i nostri pensieri più nascosti, obbligandoci a guardare con onestà le parti di noi che spesso preferiamo evitare. Meditare può sembrare una strada verso il disagio, piuttosto che verso quella felicità superficiale a cui molti ambiscono.

Siamo abituati ad associare la felicità a momenti di piacere immediato: una serata spensierata con gli amici, una vittoria sul lavoro o una vacanza da sogno. Meditare, invece, ci insegna a stare fermi, a non cercare costantemente quella gratificazione istantanea. È una pratica che ci invita a trovare la felicità non in ciò che accade all’esterno, ma in quello che c’è dentro di noi.

Il confronto con se stessi

La meditazione richiede di sedersi con il proprio malessere e con l’inquietudine. Per molti, questa è una fonte di disagio. È difficile accettare che non possiamo controllare tutto il mondo intorno a noi e che la vera serenità non nasce dal cambiare le circostanze, ma dal modo in cui reagiamo a esse. Questa consapevolezza può sembrare un ostacolo alla felicità immediata, ma è anche la chiave per un benessere più profondo.

Meditazione e trasformazione

La meditazione non promette una felicità convenzionale, almeno non subito. Ci porta in un viaggio interiore che spesso è scomodo, a volte persino doloroso. Tuttavia, proprio in questo percorso di consapevolezza e accettazione possiamo scoprire una forma di felicità più autentica. Non si tratta di un piacere momentaneo o di un risultato esterno, ma di una serenità interiore che si sviluppa nel tempo.

La meditazione ci insegna che la vera felicità non è qualcosa che otteniamo dall’esterno, ma qualcosa che coltiviamo lentamente, accettando ogni parte di noi stessi.

Una felicità diversa

Se desideri una vita priva di riflessioni profonde e una felicità leggera e immediata, allora forse la meditazione non fa per te. Ma se sei pronto a scoprire un altro tipo di felicità, una che non dipende dalle circostanze esterne, allora la meditazione potrebbe rivelarsi uno strumento potente.

Spesso la meditazione è presentata come un percorso verso la felicità e la serenità. Ma la realtà è molto più complessa. Non è una via diretta verso la felicità, almeno non quella a cui siamo abituati. Come sottolinea Swami Ambikananda: “Puoi meditare 22 ore al giorno, ma in quelle due ore rimaste tu sei un essere umano che vive nel mondo fisico, e a questo aspetto della realtà non importa se sei illuminato o no”.

Meditazione e realtà quotidiana

La meditazione non ci esonera dalle sfide della vita quotidiana. Possiamo trascorrere ore in profonda riflessione, ma rimaniamo comunque persone che devono affrontare le complessità del mondo fisico. L’illuminazione, o qualsiasi senso di tranquillità che raggiungiamo durante la meditazione, non cancella la necessità di navigare tra i conflitti, i doveri e le responsabilità della vita di tutti i giorni.

In altre parole, la meditazione non è una “via di fuga” dalle difficoltà della vita e non è progettata per farci sentire sempre felici. Come spiega ancora Swami Ambikananda: “La meditazione non è stata creata per farci diventare felici, ma per aiutarci a combattere le illusioni e trovare chi siamo veramente”. La meditazione ci chiede di affrontare il nostro “abisso” interiore e, solo attraverso questo processo, possiamo scoprire chi siamo veramente.

McMindfulness: la commercializzazione della meditazione

La moderna ossessione per la meditazione, spesso etichettata come McMindfulness da Ronald Purser, ha trasformato questa pratica millenaria in un prodotto da consumare, promettendo una felicità rapida e superficiale. In McMindfulness, Purser critica l’idea che la meditazione possa essere uno strumento per migliorare la produttività o alleviare lo stress senza affrontare le cause profonde di queste tensioni.

Purser denuncia come la meditazione sia stata estrapolata dal suo contesto spirituale e trasformata in un prodotto di consumo. Le persone sono invitate a meditare per “stare meglio” o per diventare più produttive sul lavoro, ma questo approccio ignora il vero scopo della pratica. Meditare non è pensato per migliorare le prestazioni, ma per aiutarci a vedere attraverso le illusioni che ci circondano.

La meditazione come strumento di consapevolezza, non di felicità

Alla fine, la meditazione può essere una potente via verso la consapevolezza, ma non è stata pensata per renderci perennemente felici. Al contrario, ci sfida a confrontarci con le verità che preferiremmo evitare. Non è un viaggio facile e sicuramente non porta alla felicità come la intendiamo comunemente.

Se quindi cerchi una felicità immediata, forse dovresti evitare la meditazione. Ma se sei pronto ad affrontare chi sei veramente e le illusioni che ti circondano, la meditazione potrebbe rivelarsi una delle strade più difficili, ma anche più autentiche, verso una vera consapevolezza interiore.

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