Essere soli, stare bene

I’m Alone, not Lonely (Heat – 1995)

Essere single non è più un’eccezione, ma una realtà sempre più comune. E, in molti casi, è una scelta, non perché manchi qualcosa o qualcuno, ma perché si trova nella solitudine un equilibrio, uno spazio dove crescere, riflettere e vivere secondo i propri ritmi. Eppure, nonostante questa condizione sia condivisa da una fetta crescente della popolazione, lo stigma sociale che circonda chi vive da solo persiste.

Stare da soli: perché è ancora un tabù?

Viviamo in una società che celebra la coppia e il gruppo, spesso ignorando o minimizzando l’individualità, anche se le spinte sociali, soprattutto in Occidente, vadano nel senso contrario producendo una sorta di schizofrenia permanente: da una parte si celebra l’Ego Espanso (Io Valgo!), dall’altra c’è una pressione sempre più marcata sul dover avere una famiglia a tutti i costi. E infatti le domande arrivano puntuali, soprattutto durante le festività e non solo da parte di parenti invadenti, ma anche da quegli amici che si sono “sistemati”: “Ma non ti senti solo?” “Non pensi sia ora di trovare qualcuno?” E la pressione si fa sentire, anche quando la nostra condizione non è né temporanea né accidentale, ma una scelta deliberata.

Essere soli viene percepito come una condizione di incompletezza, come se mancasse un pezzo fondamentale del puzzle. Eppure, le statistiche raccontano una storia diversa. In Italia, secondo l’ISTAT, il 37,4% delle famiglie è composto da un unico membro. Le persone che vivono da sole non sono più una minoranza, ma una parte significativa della società. Allora perché ci ostiniamo a vederle come eccezioni?

Crescita delle famiglie monopersonali: un cambiamento inevitabile

E il numero di persone che vivono da sole è in aumento in tutto il mondo. Non si tratta solo di giovani professionisti nelle grandi città, come ci viene raccontato dalla vulgata pubblicitaria, ma anche di persone che, a un certo punto della vita, magari perché costrette da cause di forza maggiore, colgono questa opportunità e scelgono la propria compagnia come priorità. La società, tuttavia, non è ancora pronta ad accogliere questa trasformazione.

Servizi, spazi e persino le dinamiche sociali sono ancora pensati per una collettività che sta cambiando forma. Ecco perché è importante non solo normalizzare, ma celebrare questa scelta.

La vita da single: libertà o sfida?

La realtà è che vivere da soli comporta delle sfide, ma anche enormi vantaggi. Non ci sono compromessi, non ci sono conflitti su quale film guardare o cosa cucinare. C’è spazio per sé stessi, per le proprie passioni e per esplorare la propria autenticità.

Tuttavia, non si può ignorare che il mondo è progettato per le coppie o i gruppi, e per i single il prezzo da pagare è spesso più alto. Letteralmente.

  • Ristoranti: Tavoli pensati per due o gruppi rendono complicata la cena per una sola persona, sia per lo spazio che per la percezione sociale. Inoltre, le porzioni singole costano di più rispetto a piatti da condividere. Anche nei ristoranti, il mondo è progettato per coppie e gruppi. Ne ho parlato più a fondo in un articolo su Mister Godfrey, dove esploro come i ristoranti potrebbero diventare più inclusivi per i clienti single. Leggi qui.
  • Viaggi: Le camere d’albergo raramente hanno tariffe dedicate a una persona, con i famigerati supplementi per la stanza singola che possono aggiungere fino al 30% in più al costo del soggiorno.
  • Spese domestiche: Affitto, bollette, abbonamenti e persino la spesa al supermercato pesano di più quando non possono essere condivisi con qualcuno.

Non sorprende, quindi, che molte persone single scelgano di condividere la propria vita con un animale domestico. Gatti, cani e altri compagni pelosi diventano una presenza quotidiana importante, offrendo affetto incondizionato e un senso di stabilità. Questa tendenza, oltre ad arricchire la vita dei single, rappresenta un fenomeno sociale interessante, meritevole di un altro approfondimento.

La solitudine come spazio per essere (anche in società)

La solitudine, quando scelta, non è un allontanamento dal mondo, ma una risorsa per vivere meglio al suo interno. È uno spazio di riflessione che ci aiuta a riallinearci con noi stessi, senza per questo rinunciare alla società o alla comunità.

Come scriveva Hannah Arendt, la solitudine è il luogo in cui possiamo pensare in profondità, coltivando idee e intuizioni che ci permettono di agire con maggiore consapevolezza. Non un rifugio, ma una base solida da cui partire per essere presenti e autentici nel mondo.

Sri Aurobindo, in una visione più spirituale, considerava la solitudine non come isolamento, ma come uno stato interiore in cui si può accedere alla propria verità più profonda, per poi tradurla in azione concreta nella vita di tutti i giorni. La solitudine diventa quindi uno strumento di trasformazione personale e collettiva.

Devdutt Pattanaik, scrittore indiano che esplora il significato simbolico delle narrazioni, ci invita a riconsiderare le storie che raccontiamo su noi stessi e sugli altri. In questo senso, la solitudine può essere l’occasione per riscrivere la propria storia, liberandoci dalle aspettative sociali e riconoscendo il valore di una vita piena anche senza la compagnia costante di altri.

Un invito al cambiamento

Stare da soli non è un limite, ma una libertà. È tempo di riconoscere che vivere da soli, cenare da soli o viaggiare da soli non deve essere un atto di coraggio, ma una normalità. La solitudine non è una mancanza, ma una scelta che merita rispetto.

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